Protezioni contro abusi familiari: gli ordini e l’allontanamento del convivente

Protezioni contro abusi familiari

Gli strumenti che la legge mette a disposizione per proteggere le vittime degli abusi in famiglia

Quando il comportamento di uno dei coniugi o di uno dei due conviventi mette a rischio l’integrità fisica e morale dell’altro, o diventa pregiudizievole per la sua libertà, la parte lesa ha a disposizione una serie di strumenti di protezione.

L’autore della condotta violenta può essere, oltre al coniuge, anche il genitore verso i figli e i figli verso i genitori.

  1. Abusi familiari: quando si viene tutelati

Le protezioni contro abusi familiari consistono in un insieme di disposizioni introdotte dal legislatore per tutelare il soggetto che subisce violenza in famiglia. Le condizioni su cui questi provvedimenti si basano sono la convivenza e una condotta che provochi un grave pregiudizio per l’integrità fisica.

La convivenza è condizione necessaria perché le protezioni contro abusi familiari vengano messe in atto: la loro funzione infatti non è soltanto quella di interrompere situazioni di convivenza caratterizzata da violenze, ma soprattutto di impedire la continuazione di comportamenti violenti nell’ambiente casalingo.
E’ ammissibile la domanda per ottenere la misura di protezione anche nel caso in cui la convivenza sia cessata, nel caso in cui vi sia stato allontanamento a causa del timore di subire violenze fisiche.

La condotta che fa scattare le protezioni contro abusi familiari deve essere caratterizzata da comportamenti frequenti e ripetuti, accompagnati da azioni ravvicinate nel tempo, diretti consapevolmente a ledere il coniuge o convivente.
Il presupposto per ottenere tutela non è rappresentato dalla condotta del convivente violento di per sé, ma dall’esistenza di un pericolo grave per l’integrità fisica, morale o per la libertà personale patito dal familiare convivente vittima.

  1. Il procedimento contro gli abusi familiari

Le protezioni contro abusi familiari vengono attivate ricorrendo al Tribunale del luogo in cui si ha residenza o domicilio.

A seguito della presentazione del ricorso, il Giudice ascolta le parti, dispone le eventuali indagini e provvede emettendo un decreto immediatamente esecutivo.
In caso di urgenza, il Giudice può anche emettere il decreto anche sulla base di informazioni sommarie e fissare successivamente l’udienza in cui devono essere presenti le parti. Solo al termine dell’udienza c’è la conferma, la modifica o la revoca dell’ordine di protezione.

  1. Le protezioni contro abusi familiari

I provvedimenti adottati possono consistere:

-nell’ordine di cessazione della condotta giudicata violenta o pregiudizievole
-nell’allontanamento dalla casa comune del familiare responsabile della violenza.
-nel divieto di frequentare o avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima della violenza

-nella predisposizione dell’intervento dei servizi sociali o di altre istituzioni allo scopo di fornire sostegno alla vittima della violenza

-nell’imposizione del pagamento periodico di una cifra a favore dei familiari vittime della violenza nel caso in cui siano rimasti privi dei mezzi per vivere adeguatamente.

  1. Allontanamento del familiare violento

Nel caso in cui il soggetto violento venga colto in flagranza di reati gravi come lesioni, minaccia aggravata e violenze, oltre all’arresto obbligatorio, la Polizia giudiziaria può applicare la misura ‘precautelare’ dell’allontanamento d’urgenza dalla casa comune e del divieto di avvicinarsi ai luoghi che la persona offesa frequenta abitualmente.
Altrimenti, per ottenere l’allontanamento, è sempre necessario rivolgersi al Tribunale civile o sporgere una denuncia per reato.

Stalking: cosa fare quando il convivente è stalker

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Tutele previste dalla legge nel caso di condotte persecutorie da parte del convivente

Stalking: che cos’è

Stalking è un termine inglese usato per indicare tutta una serie di comportamenti e atteggiamenti di stampo persecutorio da parte di un individuo ai danni di un altro, che creano stati di ansia e paura costante tali da impedire lo svolgimento normale della vita quotidiana.

Il termine stalking configura anche un reato, individuato recentemente proprio per punire l’atteggiamento persecutorio ed ossessionante di una persona ai danni di un’altra. Sono state introdotte alcune aggravanti a tutela delle donne, tipicamente le più interessate da questo genere di reato.

L’aggravante scatta quando

  • Il fatto è consumato ai danni del coniuge (anche se divorziato o separato) e del partner, convivente o meno
  • Vengono commessi maltrattamenti (violenze o atti persecutori) su donne incinte
  • La violenza è commessa in presenza di minori di 18 anni

La tutela viene quindi accordata, in questo caso alla donna, indipendentemente dalla presenza o meno di legame matrimoniale: alla base del reato e dell’aggravante c’è la relazione affettiva, che si configura con o senza convivenza.

Lo stalker: chi è

Lo stalker è colui che in modo deliberato e continuativo pone in essere atteggiamenti persecutori, invadenti e violenti ai danni del/della partner, con mezzi come telefonate, messaggi, lettere, pedinamenti, visite ossessive a casa o sul posto di lavoro.

Il comportamento di stalking è caratterizzato da tre elementi principali:

  • Lo stalker agisce nei confronti di una persona legata a lui da un rapporto affettivo o da una relazione che può essere reale o immaginata
  • La condotta dello stalker si basa su contatti e comunicazioni caratterizzati da intrusività, insistenza e ripetizione
  • La vittima dello stalker finisce per vivere in uno stato continuo di allerta, emergenza e stress psicologico

Affinché possa configurarsi il reato di stalking, è necessario che lo stalker dimostri di mettere in atto volontariamente i comportamenti persecutori e di comprenderli. La condotta deve essere reiterata nel tempo e comportare nella vittima uno stato di ansia generalizzata.

Come procedere contro il convivente stalker

Il reato di stalking deve essere denunciato della persona offesa, che ha sei mesi di tempo a disposizione per la querela dopo l’ultimo della serie di atti che costituiscono la querela. Esiste anche la possibilità che l’autorità giudiziaria si attivi d’ufficio, in alcuni casi specifici:

  • Reato commesso ai danni di un minorenne o di un disabile
  • Il soggetto in questione sia già stato ammonito in precedenza per le stesse condotte

La pena viene aggravata nel caso in cui:

  • Il fatto è commesso dal coniuge, anche se separato o divorziato
  • Il fatto è commesso dal convivente o da persona comunque legata in presente o in passato da relazione affettiva alla vittima
  • Il fatto è commesso con l’uso strumenti informatici
  • Il reato è commesso ai danni di minore, disabile o donna incinta
  • Il reato è commesso con armi o da una persona che si è resa irriconoscibile

Separazione giudiziale per procura

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Come avviare la separazione con un coniuge all’estero in mancanza di accordi

La situazione temporanea che incide sui diritti e sui doveri nati dal matrimonio è definita dal nostro ordinamento come “separazione”; quando si ottiene dal tribunale la separazione vengono sospesi anche alcuni obblighi e disciplinate, tramite la legge, le conseguenze patrimoniali e familiari, in attesa di un’eventuale riconciliazione della coppia o del divorzio, che è invece definitivo.

La procedura per la separazione cambia a seconda delle condizioni e degli accordi della coppia: si parla infatti di separazione consensuale o giudiziale, così come di separazione giudiziale per procura (o consensuale); per tutte è comunque necessario rivolgersi al Tribunale e ricevere l’assistenza di un legale.

Ricordiamo che la separazione precede obbligatoriamente il divorzio, e che i tempi di attesa, per ottenere lo scioglimento definitivo del matrimonio, si sono notevolmente ridotti con l’introduzione in Italia della legge sul divorzio breve.

Separazione consensuale

Per avviare il procedimento della separazione consensuale è necessario che tra i coniugi ci siano degli accordi su tutte le diverse situazioni che si verranno a creare dopo la sospensione degli effetti del matrimonio (come l’affidamento dei figli, il mantenimento, l’assegnazione della casa coniugale e così via.)

Separazione giudiziale

La separazione giudiziale è ben diversa, perché può essere avviata anche solo uno dei coniugi, o da entrambi in maniera autonoma, perché tra di loro non ci sono degli accordi in merito.

In questo caso spetta al Giudice, che pronuncia la sentenza per la separazione, regolare le questioni sulle quali si è creata una controversia (la gestione dei figli, il mantenimento ecc.)

Separazione consensuale per procura

Ma cosa accade se uno, o entrambi i coniugi, che intendono separarsi sono fuori dall’Italia senza avere la possibilità di rientrare?

Se un cittadino italiano si trasferisce all’estero e non può tornare si troverà ad affrontare la separazione giudiziale per procura: lontano dall’ex coniuge.

Dobbiamo sottolineare però che procedimento è eccezionale, perché viene avviato dal Tribunale solo se, ad esempio, il coniuge che si trova fuori dal nostro paese si trova in una situazione tale da non permettergli di tornare, (ad esempio per problemi economici o di salute) per partecipare all’udienza de separazione.

Il Tribunale, per la separazione giudiziale per procura, dovrà autorizzare il coniuge impedito, a farsi rappresentare da un procuratore speciale all’udienza del procedimento di separazione, in applicazione analogica a quanto previsto per il matrimonio per procura.

Le situazione giudiziale non è sicuramente d’aiuto, mentre un ricorso congiunto renderebbe tutto più semplice.

La richiesta di separazione giudiziale per procura potrebbe essere accettata anche se entrambi i coniugi si trovano all’estero; i costi variano a seconda dei casi.

Matrimonio per procura: cos’è

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Il matrimonio tra due persone impossibilitate in caso di guerra o per motivi di servizio

Partiamo subito con una premessa, il matrimonio è un atto molto personale, «che non può essere compiuto mediante un rappresentante, volontario o legale» come stabilito dal codice civile: va quindi compiuto personalmente dagli sposi che non possono farsi rappresentare da nessuno.

La legge ammette però delle eccezioni, ma solo in alcuni casi specifici che vengono descritti con dovizia di dettagli.

Il legislatore concede cioè la possibilità di effettuare quello che viene definito matrimonio per procura.

Come si svolge un matrimonio per procura

Tale tipo di matrimonio può essere compiuto mediante un rappresentante, “volontario o legale” per conto dello sposo che non può presentarsi alle nozze.

E’ bene specificare che la procura non genera una rappresentanza vera e propria in quanto il rappresentante, che prende il posto dello sposo assente, non esprime una sua volontà propria, ma si limita a riportare quella del rappresentato il quale l’ha già espressa in precedenza.

Come abbiamo detto si tratta di casi particolari, il matrimonio per procura è ad esempio consentito in tempo di guerra ai militari e alle persone che per ragioni di servizio si trovano al seguito delle forze armate.

Si può ricorrere alla celebrazione del matrimonio per procura anche se uno degli sposi risiede all’estero e concorrono gravi motivi che devono essere valutati dal tribunale nella cui circoscrizione risiede l’altro sposo.

Le autorizzazioni per contrarre il matrimonio

L’autorizzazione è concessa con decreto non impugnabile emesso in camera di consiglio dopo aver ascoltato il parere del pubblico ministero.

La procura deve contenere l’indicazione della persona con la quale il matrimonio si deve contrarre.

Tale documento deve essere redatto per atto pubblico; i militari e le persone al seguito delle forze armate, in tempo di guerra, possono farla nelle forme speciali a loro consentite e stabilite dalle leggi militari.

Termini di scadenza dei documenti e nullità del matrimonio

Il matrimonio non può essere celebrato quando sono trascorsi centottanta giorni dalla data in cui la procura è stata rilasciata perché dopo tale termine perde di validità.

La coabitazione, anche temporanea, dopo la celebrazione del matrimonio, elimina gli effetti della revoca della procura, ignorata dall’altro coniuge al momento della celebrazione.

Gli elementi indispensabili e necessari a rendere valida l’atto per celebrare il matrimonio per procura sono dunque due: la forma, che deve essere quella dell’atto pubblico e l’indicazione della persona da sposare che deve essere certa e identificata per mezzo di documenti validi.

Oltre la scadenza di tale termine il matrimonio per procura è da ritenersi nullo.

In questo caso, evidentemente, si è già avuta manifestazione da parte della persona che vuole contrarre l’unione del consenso per la celebrazione del matrimonio, pur dopo la revoca della procura.

Il matrimonio così celebrato risulterà valido solamente nel caso in cui i due coniugi abbiano coabitato in seguito alla celebrazione del matrimonio per procura, e stante l’ignoranza, da parte del coniuge fisicamente presente alle nozze, dell’avvenuto annullamento della procura.

Separazione consensuale per procura

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Cosa prevede la legge per avviare la separazione con un coniuge o entrambi all’estero

Con il termine separazione si indica la situazione temporanea che incide sui diritti e sui doveri nati dal matrimonio; sono anche sospesi alcuni obblighi e vengono disciplinate dalla legge le conseguenze patrimoniali e familiari, in attesa di un’eventuale riconciliazione o del divorzio.

Per la separazione i coniugi devono rivolgersi al Tribunale competente e la   procedura cambia a seconda delle condizioni e degli accordi della coppia: si parla infatti di separazione consensuale o giudiziale, così come di separazione consensuale per procura (o giudiziale); andiamo a vedere le differenze.

Ricordiamo che la separazione precede obbligatoriamente il divorzio; i tempi di attesa si sono notevolmente ridotti con l’introduzione recente in Italia della legge sul divorzio breve, ma tutto dipende dagli accordi tra i coniugi.

Separazione consensuale

Con la separazione consensuale è necessario che tra marito e moglie ci siano degli accordi (in primis quello di separarsi), su tutto ciò che riguarda le diverse questioni che si verranno a creare dopo la rottura sentimentale (affidamento dei figli, mantenimento, assegnazione casa coniugale ecc.)

Separazione giudiziale

La separazione giudiziale è ben diversa perché può essere avviata anche da solo uno dei coniugi o da entrambi in maniera autonoma, perché tra di loro non ci sono degli accordi.

In questo caso si richiede al Tribunale di pronunciare la sentenza per la separazione, e di regolare le questioni sulle quali si è creata una controversia (gestione dei figli, mantenimento ecc.)

Separazione consensuale per procura

Andiamo a vedere un caso particolare di separazione, che prevede l’assenza dall’Italia di uno o di entrambi i coniugi che intendono separarsi.

Può accadere, infatti, che un cittadino italiano si trasferisca all’estero, e voglia separarsi di comune accordo con il coniuge; si troverà così ad affrontare la separazione consensuale per procura, cioè lontano dall’ex coniuge, seppur con la sua collaborazione.

Questo procedimento speciale però viene avviato e accettato dal Tribunale solo se, ad esempio, il coniuge che si trova all’estero si trovi una situazione che non gli permette in nessun modo di tornare in Italia, ad esempio per problemi a livello economico, o di salute gravi, che gli impediscono il rientro per partecipare all’udienza.

In questi casi eccezionali il Tribunale avvia la separazione consensuale per procura, che quindi si adotta solo come soluzione estrema; infatti, la lontananza, anche in presenza di accordi rende tutto più complicato.

Il Tribunale dovrà, infatti, autorizzare il coniuge impedito, a farsi rappresentare da un procuratore speciale all’udienza del procedimento di separazione, in applicazione analogica a quanto previsto per il matrimonio per procura.

Le soluzioni consensuali saranno sicuramente di aiuto, perché presentare un ricorso congiunto renderà più snella la procedura.

La separazione consensuale per procura è possibile anche se entrambi i coniugi si trovano all’estero, e in questo caso va bene rivolgersi a qualsiasi Tribunale della Repubblica; i costi variano a seconda dei casi.

 

Spese ordinarie e straordinarie per i figli: la guida

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Quali sono le spese per la prole che vengono coperte con l’assegno di mantenimento

In caso di separazione o divorzio i genitori hanno il dovere di provvedere al mantenimento dei figli, tutelando in ogni caso il loro interesse e i loro bisogni materiali e affettivi.

La forma più diffusa di mantenimento è quella che riguarda il versamento di un assegno mensile, da parte del genitore presso il quale il minore non vive abitualmente, la cui quota è stabilita dal Giudice in base a diversi parametri.

Ma l’assegno copre sia le spese ordinarie e straordinarie per i figli?

No, andiamo a vedere nello specifico cosa vuol dire.

Spese ordinarie

L’assegno di mantenimento copre quelle che vengono definite spese ordinarie, quelle che cioè non esulano dalla normale vita quotidiana, e che erano necessarie anche prima della separazione.

Facciamo degli esempi per quanto riguarda sia le spese ordinarie e straordinarie per i figli, partendo dalla prime:

  • Spese alimentari: tutto ciò che serve al sostentamento del bambino.
  • Spese mediche ordinarie: ad esempio una normale visita di controllo va compresa nelle spese ordinarie perché si ripete solitamente con una cadenza regolare nel tempo (ad esempio ogni anno al fine di verificare lo stato di salute del bambino);
  • Spese per la scuola: contributo per i libri, le tasse scolastiche e simili sono assolutamente da considerare come spese ordinarie, perché si ripetono con regolarità ogni anno e per tutti gli anni nei quali il bambino va a scuola;
  • Assistenza ai figli con handicap: se il bambino è portatore di handicap le spese per le cure sono ordinarie e non straordinarie, anche se hanno carattere specialistico, perché sono necessarie per tutta la vita, rientrando quindi nella routine sanitaria.
  • Baby sitter: è necessario distinguere due situazioni in questo caso per capire come questa può rientrare nelle spese ordinarie e straordinarie per i figli: si ritiene una spesa ordinaria quella per la baby sitter, se anche durante la vita matrimoniale si è sempre fatto ricorso a questo servizio per la gestione dei bambini, e quindi continua ad essere indispensabile, o anche nel caso in cui si renda indispensabile dopo la separazione o il divorzio; rientra invece nelle spese straordinarie se viene chiamata solo saltuariamente;
  • Bollette e condominio: sono spese costanti nel tempo e che non possono in nessun caso essere evitate e quindi anche considerate come spese straordinarie; sono quindi ordinarie a tutti gli effetti.

Spese straordinarie

La differenza tra spese ordinarie e straordinarie per i figli sta nel fatto che queste ultime non rientrano nell’assegno di mantenimento.

Per loro natura sono infatti saltuarie, ma a queste deve per obbligo partecipare anche il genitore presso il quale il bambino non vive abitualmente.

Facciamo degli esempi di spese straordinarie:

  • Visite mediche specialistiche: quelle che esulano dai normali controlli di routine, che si effettuano con regolarità;
  • Patente di guida: le spese per il conseguimento della patente sono limitate nel tempo e finalizzate ad un unico scopo;
  • Esperienze studio all’estero: per l’unicità questa viene considerata straordinaria.

 

Matrimonio concordatario: cos’è e come funziona

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Il matrimonio concordatario: il rito cattolico romano e il suo valore civile 

Si intende per matrimonio concordatario il matrimonio religioso che si svolge dinanzi a un ministro di culto cattolico ovvero il parroco di uno dei due sposi o un suo delegato al quale la legge dello Stato in forza del Concordato lateranense stipulato tra lo Stato italiano e la Santa Sede riconosce gli stessi effetti del matrimonio civile, a condizione che il matrimonio celebrato dinanzi al ministro del culto cattolico e disciplinato dal diritto canonico (cioè dal diritto della Chiesa cattolica) sia trascritto correttamente nei registri dello stato italiano.

Gli adempimenti dei futuri sposi e i documenti da fornire in maniera obbligatoria:

I soggetti che intendono sposarsi in chiesa con il matrimonio concordatario devono rivolgersi al proprio parroco o al parroco della Chiesa dove hanno scelto di effettuare la celebrazione per fissare la Chiesa e la data delle nozze e consegnare obbligatoriamente alcuni documenti:

Documenti civili:

  • certificato di nascita;
  • certificato di residenza

Documenti religiosi:

  • il certificato di Battesimo (che verrà rilasciato dalla parrocchia presso la quale si è stati battezzati);
  • il certificato di Cresima (se non si fosse stati cresimanti è necessario provvedervi prima del matrimonio);

Il certificato di “Stato libero ecclesiastico”, tale certificato ha la funzione di attestare che il richiedente non abbia già in precedenza contratto matrimonio secondo il rito religioso. Tale documento può essere sostituito con un giuramento dell’interessato davanti al sacerdote.

Il nulla osta ecclesiastico: è un documento che va richiesto alla Curia nel caso in cui i coniugi vogliano contrarre matrimonio presso una parrocchia differente dalla propria o fuori dal Comune di residenza.

Le pubblicazioni e gli ulteriori adempimenti da effettuare prima del rito

Una volta prodotti tutti i documenti necessari, il Parroco della chiesa di appartenenza di uno dei due sposi, dopo un colloquio con i futuri sposi circa la loro libera e convinta volontà di contrarre il matrimonio, redige e rilascia la richiesta di pubblicazioni alla casa comunale.

Una volta ritirato il certificato di avvenute pubblicazioni, i futuri sposi devono portarlo dal parroco della Chiesa nella quale si celebreranno le nozze, il quale dopo un colloquio con i futuri sposi rilascerà loro il documento del “consenso religioso”, confermando così la data del matrimonio.

 La celebrazione e l’atto di matrimonio

La celebrazione del matrimonio concordatario avviene secondo le norme del diritto canonico, quanto al requisito formale di manifestazione del consenso matrimoniale degli sposi.

È fatto obbligo avere la presenza di due testimoni per parte;

Al termine della celebrazione il parroco ricorda agli sposi che il matrimonio produrrà effetti civili e dà loro lettura degli articoli del codice civile riguardanti i diritti e i doveri dei coniugi.

Subito dopo il matrimonio il parroco dovrà compilare l’atto di matrimonio in duplice originale, sottoscritto dal parroco stesso, dagli sposi e dai testimoni. Nell’atto di matrimonio il parroco indica le generalità complete degli sposi, l’indicazione del luogo e della data in cui è avvenuta al celebrazione e le generalità del parroco. Sull’atto di matrimonio contratto secondo il rito cattolico possono essere inserite anche le indicazioni dei coniugi consentite dalla legge civile, ovvero la scelta del regime patrimoniale  e se ve ne sono, i nomi di figli naturali (ora definiti figli nati fuori dal matrimonio).

Cause di intrascrivibilità che possono rendere non valido dal punto di vista civile il matrimonio concordatario.

Vi sono taluni casi in cui la legge prevede che il matrimonio concordatario non possa conseguire (o conseguire immediatamente) gli effetti civili; in tali casi si parla di cause di intrascrivibilità, per cui il matrimonio non potrà essere trascritto ossia:

Quando gli sposi non abbiano l’età che la legge civile richiede per la celebrazione (18 anni o 16 se autorizzati dal tribunale per i minorenni);

Se vi è un impedimento inderogabile per la legge civile tra i seguenti:

Se uno degli sposi è interdetto per infermità di mente

Se tra gli sposi sussiste un altro matrimonio valido agli effetti civili

Qualora sussistano impedimenti derivanti da delitto

Qualora sussistano impedimenti derivanti da affinità in linea retta, cioè legami di parentela tra i coniugi.

 

Diritto all’assegno di mantenimento

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In caso di separazione della coppia il Giudice stabilisce tempi e modi per il versamento: ecco il diritto all’assegno di mantenimento 

La legge stabilisce che dal matrimonio nascono dei diritti e dei doveri per entrambi i coniugi che, in caso di separazione e di divorzio, hanno delle ripercussioni a livello materiale ed economico e in questo rientra il diritto dell’assegno di mantenimento.

Cos’è

Quando la coppa si separa, infatti, il coniuge giudicato economicamente debole e gli eventuali figli hanno diritto all’assegno di mantenimento; questo si concretizza con il versamento di una somma di denaro, definita dal Giudice in base a diversi fattori, volta a far mantenere loro il precedente tenore di vita.

I figli e il coniuge hanno diritto all’assegno di mantenimento qualora si verifichino determinati presupposti; vediamo per primo il caso del coniuge che per ottenerlo:

  • Deve farne esplicita richiesta al Giudice nella domanda di separazione;
  • Non deve essere considerato il colpevole della separazione, con conseguente addebito di questa;
  • Non deve disporre di adeguati mezzi economici propri;

Il coniuge che invece viene obbligato dal Giudice al versamento dell’assegno, deve essere considerato in grado di assolvere a questo dovere, quindi deve disporre di adeguati mezzi economici propri.

Chi ne ha diritto

Come abbiamo visto, il diritto all’assegno di mantenimento, spetta sia al coniuge che ai figli, quindi per il calcolo della quota da versare è necessario distinguere queste due situazioni.

Assegno di mantenimento al coniuge

Nel caso in cui uno dei due coniugi, dopo la separazione, non disponga di mezzi idonei a mantenere il tenore di vita precedente, ha diritto all’assegno di mantenimento, che solitamente viene versato con cadenza mensile.

Sarà il Giudice a stabilire la somma, determinandola in base ai bisogni del destinatario e ai redditi dell’obbligato.

Se ne ricorrono i presupposti può anche essere riconosciuto al coniuge solo il diritto agli alimenti, una somma di denaro che è limitata al sostentamento.

Facciamo riferimento a una situazione reddituale media di un operaio/impiegato che guadagna € 1.200,00 / € 1.600,00 mensili per 13 o 14 mensilità:

– con assegnazione della casa coniugale: assegno pari a circa 1/4 del reddito del coniuge obbligato (da € 300,00 a € 400,00 circa);

– senza assegnazione della casa coniugale: assegno pari a circa 1/3 del reddito del coniuge obbligato (da € 400,00 a € 535,00 circa).

Assegno di mantenimento ai figli

La legge stabilisce che ogni genitore è obbligato al mantenimento dei figli, quindi in caso di separazione quello più forte economicamente deve provvedere al suo sostentamento.

Il Giudice nello stabilire la somma deve tenere in considerazione questi fattori:

  • Esigenze della prole;
  • Tenore di vita tenuto dalla prole durante la vita di coppia;
  • Tempi di permanenza presso ciascun genitore;
  • Situazione reddituale dei genitori;
  • Valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti di ciascun genitore.

Prendiamo un esempio pratico per calcolare l’assegno di mantenimento, ipotizzando un situazione reddituali media (operaio/impiegato; € 1.200,00 / 1.600,00 mensili per 13 o 14 mensilità):

– un figlio: assegno pari al 25% circa del reddito (€ 300,00 / € 400,00)

– due figli: assegno pari a circa il 40% del reddito (€ 480,00 / € 640,00)

– tre figli: assegno pari al 50% circa del reddito (€ 600,00 / € 800,00).

 

 

 

 

 

 

La madre può negare il riconoscimento del figlio al padre biologico?

negazione del figlio al padre biologico

Cosa fare per evitare questo tipo di problema e come intervenire in caso di opposizione

Con il termine “figlio naturale” s’intende il figlio nato al di fuori del matrimonio.

Sia la madre che il padre possono compiere il riconoscimento del figlio, sia in modo separato che congiunto, e anche se sposati con un’altra persona.

In materia di filiazione c’è stata una vera e propria riforma, che risale al 2012 con la legge n.219, che ha provveduto ad equiparare lo stato giuridico dei figli legittimi (nati all’interno del matrimonio) e di quelli naturali; l’anno successivo, il decreto legislativo 154 ha poi eliminato definitivamente ogni discriminazione anche tra figli incestuosi e figli adottivi; oggi la legge parla di figli tout court.

Il riconoscimento

Tramite il riconoscimento del figlio naturale un soggetto dichiara di essere genitore biologico, trasformando così l’atto di procreazione in uno stato di filiazione, rilevante per il diritto.

La procedura del riconoscimento richiede la compilazione di una dichiarazione, ed è considerato un atto solenne e irrevocabile, che deve essere alternativamente formalizzato:

  • Nell’atto di nascita;
  • In una dichiarazione davanti all’Ufficiale dello stato civile;
  • In un atto pubblico (sono quelli redatti davanti ad un pubblico ufficiale, ad esempio un notaio);
  • In un testamento (qualsiasi sia la forma);
  • In una domanda presentata al Giudice Tutelare.

L’atto non può più, quindi, essere revocato per nessuna ragione, tranne che in casi particolari previsti per il disconoscimento.

Se la madre si oppone al riconoscimento

Ma cosa succede se la madre si oppone al riconoscimento da parte del padre biologico?

Partiamo dal presupposto secondo il quale, se un genitore naturale ha già effettuato il riconoscimento, l’altro deve ottenere il suo consenso per farlo.

Se la madre si oppone al riconoscimento presso l’anagrafe, il padre biologico deve presentare un ricorso al Tribunale dei minori competente, ricorrendo a un procedimento giudiziale.

Il Tribunale, in questo caso, avrà il compito di verificare l’effettivo rapporto di parentela del genitore naturale con il minore, così che il genitore richiedente possa poi entrare regolarmente in possesso di tutti i suoi diritti e dei doveri verso il figlio riconosciuto.

Anche se la madre si oppone al riconoscimento, infatti, non è possibile negare il consenso a questo, se risponde agli interessi del minore, a differenza di quanto accadeva nella normativa precedente; in questo caso, come abbiamo visto è possibile rivolgersi al Giudice.

Per evitare il sorgere del problema, il primo passo che deve fare il padre biologico, è quello di inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno per diffidare la madre dall’opporsi, entro una certa data, al riconoscimento: così tutto potrà svolgersi regolarmente e senza bisogno di ricorrere alle vie legali

Comunione dei beni e il divorzio

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Come ottenere lo scioglimento della comunione dei beni a seguito di un divorzio

Il regime matrimoniale riguarda la regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra i due coniugi dal momento in cui viene celebrato il matrimonio all’eventuale momento in cui viene sancito il definitivo scioglimento dello stesso, davanti a un Giudice o tramite negoziazione assistita.

Esistono due diversi regimi matrimoniali:

  1. Regime della separazione dei beni
  2. Regime della comunione dei beni

Al momento del matrimonio, salvo diverse disposizioni espresse dai due coniugi, si stabilisce il regime patrimoniale della comunione dei beni.

Tale regime, per volontà di entrambe le parti, può essere derogato in favore del regime della separazione dei beni, che può quindi essere adottato al momento del matrimonio o anche successivamente, attraverso un atto notarile apposito.

Della comunione tra coniugi fanno parte tutti i beni acquistati congiuntamente o separatamente dai coniugi dopo il matrimonio e che appartengono in parti uguali al marito e alla moglie.

Per fare degli esempi pratici, ricadono nel regime della comunione dei beni:

  • gli acquisti compiuti dai coniugi, insieme o separatamente, dopo il matrimonio;
  • le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio;
  • gli utili ed incrementi di azienda di proprietà di uno solo dei coniugi anteriormente al matrimonio, ma gestita da entrambi;
  • i risparmi dei coniugi.

Sono invece esclusi dalla comunione dei beni i beni di cui uno dei coniugi era titolare prima del matrimonio, i beni acquisiti da un coniuge per donazione e i beni di uso strettamente personale o che servono all’esercizio della professione.

  • Lo scioglimento della comunione si può ottenere nelle seguenti ipotesi:
  • morte di uno dei coniugi;
  • dichiarazione di morte o di assenza presunta;
  • sentenza di divorzio;
  • sentenza o decreto di omologa della separazione personale;
  • fallimento di uno dei coniugi;
  • annullamento del matrimonio;
  • accordo convenzionale di abbandono del regime di comunione legale;
  • successiva separazione giudiziale dei beni.

Scioglimento della comunione dei beni e successiva divisione dei beni

A seguito dello scioglimento della comunione dei beni in conseguenza alla separazione personale dei coniugi, si attua la cosiddetta divisione dei beni.

Da maggio 2015 con l’entrata in vigore le nuove disposizioni sul divorzio breve si realizza lo scioglimento anticipato della comunione dei beni tra i due coniugi.

Essa si realizza infatti non più al momento del passaggio in giudicato della sentenza di separazione ma quando il Presidente del Tribunale autorizza i due coniugi a vivere separati, o al momento della sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato.

La fine della comunione dei beni e quindi la divisione degli stessi tra i coniugi può essere effettuata di comune accordo tra le parti.

Se il contratto di divisione riguarda beni immobili è richiesta la forma scritta e il contratto è soggetto a trascrizione.

La richiesta di divisione dei beni può essere avviata da ciascun coniuge per ottenere lo scioglimento della comunione.

Si procede prima alla stima dei beni poi alla formazione delle porzioni: ciascuno ha diritto alla sua parte in natura dei beni mobili e immobili.

In caso di beni che non possono essere divisi o perché indivisibili per natura o perché la divisione non è opportuna, si procede alla loro vendita e alla divisione del ricavo tra i due coniugi.