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Permesso di soggiorno: quando l’immigrato sposato in Italia e non più convivente ne ha diritto

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La Corte di Cassazione ha ribaltato le due sentenze precedenti che avevano rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno

La Corte di Cassazione si è spesso occupata in questi ultimi anni di questioni che riguardano la concessione del permesso di soggiorno agli immigrati, in particolare di quello che si rilascia per questioni familiari.

Il Governo italiano prevede, infatti, di concederlo secondo gli articoli 29 e 30 del Decreto Legislativo n. 286/98 e successive modifiche, ai membri della stessa famiglia, che possono richiedere il permesso di soggiorno secondo alcune condizioni, e dopo aver dimostrato di essere in possesso di tutti i documenti necessari.

Uno dei motivi per i quali si concede il permesso di rimanere nel nostro paese, è relativo alla coesione familiare, quindi al matrimonio, con un cittadino italiano, un membro dello Stato della Comunità Europea, oppure con uno straniero in possesso della carta di soggiorno per stranieri.

A tal proposito, la Corte di Cassazione ha emesso un’interessante sentenza, dopo aver esaminato una questione riguardante il permesso di soggiorno negato ad una cittadina australiana, sposata con un italiano, ma non più convivente con quest’ultimo, perché deceduto.

Alla cittadina straniera era stato infatti negato dal Tribunale di Verona, il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari, concesso nel 2006 a seguito del matrimonio con l’uomo italiano.

Il Tribunale ha però poi rifiutato il ricorso della donna, e inoltre, la Corte d’Appello di Venezia, ha confermato anche la sentenza di primo grado sul rilievo, perché mancava il requisito della convivenza tra i coniugi, ritenuto quindi di fondamentale importanza per concedere il rinnovo del per permesso di soggiorno, relativo a questioni familiari.

La donna australiana, trovandosi costretta, dopo il rifiuto, si è rivolta alla Corte di Cassazione, che ha ribaltato le sentenze precedenti dei Tribunali cittadini.

La sentenza si è rivelata, infatti, a favore della cittadina straniera, e per diversi motivi: il primo riguarda la mancata applicazione del decreto legislativo n.30 del 2007, che consente di ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno al coniuge di un cittadino dell’Unione Europea, sulla base della durata del matrimonio, che deve essere superiore ai 3 anni; il secondo riguarda invece la scorrettezza riscontrata nei confronti della donna, per non aver almeno convertito il permesso concesso in precedenza per  motivi familiari, in permesso concesso per lavoro subordinato, considerando che la donna lavorava regolarmente nel nostro paese come badante.

Oltre a queste motivazioni valide, la Corte di Cassazione ha stabilito che lo stato di vedova non può essere paragonato a quello di donna divorziata: di conseguenza il requisito della convivenza, in caso di morte del coniuge, non doveva essere richiesto ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno.