La separazione internazionale: cosa fare

separazione internazionale

La separazione dei coniugi quando hanno una nazionalità diversa da quella italiana

Cosa succede quando finisce un matrimonio misto, contratto cioè da due persone di nazionalità diversa? A quale legislazione bisogna fare riferimento per regolamentare la separazione?

Nel caso in cui si debba ricorrere alla separazione internazionale o divorzio internazionale,

la legge italiana stabilisce che la separazione o lo scioglimento del vincolo matrimoniale sono regolate dalla legge nazionale comune degli sposi al momento della domanda di divorzio. In mancanza di questa si applica la legge dello Stato in cui l’esperienza matrimoniale si è consumata per la maggior parte del tempo.

Ne deriva che in base a tale legge nel caso di una separazione internazionale può trovare applicazione nel nostro Paese ad esempio la legge in vigore in Spagna che consente il divorzio dopo solo novanta giorni e senza dover obbligatoriamente passare dalla separazione, nel caso in cui la vita dei coniugi si sia svolta prevalentemente in Spagna.

Invece nel caso in cui la separazione e il divorzio non sono regolati da una legge straniera che trovi applicazione nel nostro paese, prevale quella in vigore in Italia.

Questo per assicurare il diritto a separarsi o divorziare a prescindere dalla legislazione straniera.

In ambito comunitario europeo si è affermata una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione dei coniugi.

Individuazione della legge applicabile

Quando i coniugi hanno una diversa cittadinanza e devono addivenire a una separazione internazionale, l’individuazione della legge applicabile è rimessa alla valutazione e al giudizio del giudice che dovrà individuare il paese in cui la vita coniugale si è svolta, cioè dove i coniugi hanno vissuto per la maggior parte del tempo.

Il criterio della localizzazione della vita della coppia è un criterio di carattere introdotto dalla recente normativa e disciplina anche i rapporti personali tra i coniugi.

Vale la legge italiana in assenza di una legge straniera in materia

La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio, qualora non siano previsti dalla legge straniera applicabile, sono regolati dalla legge italiana sempre e comunque. In materia di non validità e di annullamento del matrimonio, di separazione personale e di scioglimento del matrimonio, la giurisdizione italiana sussiste oltre che in alcuni casi espressamente previsti dalla legge in altre circostanze, per esempio nel caso in cui il soggetto è domiciliato o residente in Italia o vi abbia un rappresentante legale che sia autorizzato a stare in giudizio.

Anche quando uno dei coniugi è cittadino italiano o il matrimonio è stato celebrato in Italia si può ricorrere alla separazione internazionale. Corre l’obbligo di sottolineare che l’applicazione della legge italiana non presuppone la cittadinanza italiana del coniuge richiedente e può essere invocata anche da uno straniero, sia in un matrimonio misto sia in un matrimonio fra persone che abbiano entrambi cittadinanze differenti da quella italiana.

Assegnazione della casa familiare: chi ne ha diritto

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Chi ha diritto a vivere nella casa dei coniugi in caso di separazione?

L’ assegnazione della casa familiare è uno degli argomenti di maggior conflitto tra due persone che stanno per separarsi.

 L’assegnazione della casa coniugale è tesa a preservare, nel caso di separazione, la continuità delle abitudini esistenziali di vita nell’immobile che costituisce il luogo naturale dove si è sviluppata la vita familiare.

In modo particolare si cerca di proteggere i figli, dallo shock di essere improvvisamente obbligati a vivere lontano dal luogo dove hanno condotto la loro esistenza spesso sin dalla nascita. Con questo spirito il giudice procede quando valuta l’assegnazione della casa familiare.

Corre l’obbligo di rimarcare che non esiste una definizione giuridica di di casa coniugale nonostante tale termine sia utilizzato anche in aula di tribunale. In ambito legale però si distinguono di solito due significati con tale definizione:

La casa cioè il bene immobile in cui si è svolta la vita degli sposi e quella familiare.

Il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza inteso in senso psicologico come nucleo domestico. La legge relativa all’assegnazione della casa coniugale si riferisce a questa seconda interpretazione.

Peculiarità specifiche della casa familiare sono: l’abitualità, la stabilità e la continuità nel godimento dell’immobile.

Nell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà.

Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso l’assegnatario non abiti o cessi di risiedere stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.

In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all’altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l’avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio.

La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire l’altro genitore.

Ci si è posti il problema se la presenza e la convivenza di figli (minorenni o maggiorenni) costituisca una condizione essenziale per il giudice per emanare un provvedimento di assegnazione della casa familiare in sede di separazione o se al contrario l’assegnazione possa essere disposta anche in assenza di figli.

Secondo alcuni magistrati l’assegnazione della casa familiare deve rappresentare non solo uno strumento di garanzia e di tutela dai figli, ma anche un modo per proteggere il coniuge che non abbia un reddito sufficiente a permettergli di vivere.

Altri giudici in prevalenza e più di recente però, ammettono l’assegnazione della casa di famiglia solo in presenza di figli.

 Al coniuge (non proprietario) non spetta generalmente il diritto all’assegnazione della casa coniugale.

Tuttavia, la questione si complica nel caso in cui il diritto di abitazione serva ad equilibrare i rapporti economici tra i coniugi e a soddisfare l’eventuale diritto al mantenimento.

Determinare la posizione giuridica del coniuge cui è assegnata la casa coniugale assume particolare rilevanza nel caso in cui l’altro coniuge sia il proprietario dell’immobile.

A tutela dell’assegnatario è previsto espressamente che il provvedimento di assegnazione della casa familiare è trascrivibile (è uno strumento per la soluzione di conflitti tra più soggetti acquirenti di diritti reali su determinati beni) nei registri immobiliari della Conservatoria (per renderlo opponibile a eventuali terzi che dovessero acquistare diritti sull’immobile).

Nell’ipotesi in cui i coniugi siano comproprietari della casa familiare e abbiano adeguati redditi, il giudice non può assegnare la casa in modo esclusivo ad uno solo di essi: le parti devono determinarsi liberamente e se non trovano un accordo possono chiedere la divisione fisica dell’immobile.

 Assegnazione parziale o comune

Quando la situazione concreta lo consente (per esempio l’immobile è molto grande) i giudici hanno ammesso l’assegnazione parziale della casa familiare suddividendola tra i coniugi e dividendola in due separate unità abitative.

Il fine principale è quello di consentire ai figli minori di mantenere rapporti con entrambi i genitori cui sono affidati.

Modifica delle condizioni di separazione: come presentare il ricorso

modifica delle condizioni di separazione

Come chiedere la modifica delle condizioni di separazione stabilite dal giudice durante gli atti

Se dopo la separazione sancita dal giudice la situazione cambia si può chiedere la modifica delle condizioni di separazione.

Le condizioni di separazione stabilite nei provvedimenti adottati dal giudice in sede di separazione giudiziale, così come gli accordi economici e patrimoniali raggiunti in sede di separazione consensuale, sono sempre suscettibili di variazioni. Normalmente ciò avviene a causa dell’intervento di agenti esterni, quando cioè fatti o situazioni prima ignoti vanno ad incidere sull’equilibrio eventualmente già raggiunto dai coniugi tali da richiedere appunto la modifica delle condizioni di separazione.

I passi da seguire  per giungere in maniera corretta alla modificazione delle condizioni sono il raggiungimento di un accordo fuori dalle aule del tribunale (stragiudiziale), oppure la proposizione di un ricorso giudiziale congiunto. In entrambi i casi la decisione giudiziale viene comunque esaminata in camera di consiglio. Qualora risulti impossibile un’intesa in tal senso, il coniuge interessato alla variazione sarà tenuto a introdurre un apposito procedimento mediante ricorso come stabilito dal codice di procedura civile con la supervisione di un legale.

Il giudice deve audire entrambi le parti e può disporre l’assunzione di prove al fine di accertare se la modifica delle condizioni di separazione è fondata, reale e mossa da esigenze concrete. A questa richiesta seguirà o l’emissione di un decreto avente la natura di sentenza che contiene una specifica motivazione e che può essere contestata e impugnata con i mezzi espressamente previsti dall’ordinamento, oppure, nei casi di estrema gravità e urgenza, l’adozione di un provvedimento modificatorio provvisorio a sua volta modificabile e revocabile successivamente.

Salvo restando quanto si dirà in merito al provvedimento di affidamento dei figli e a quello di assegnazione della casa familiare, la modifica delle condizioni di separazione può essere chiesta, in qualsiasi momento qualora vi siano giustificati motivi. La revisione dell’importo dell’assegno di mantenimento e la sua periodicità, potrebbero necessitare una revisione nell’ipotesi in cui si provi un apprezzabile peggioramento delle proprie condizioni economiche oppure un miglioramento di quelle dell’altro.

Ugualmente può essere disposta la sospensione dell’erogazione dell’assegno di mantenimento a favore del figlio, non solo in caso di raggiungimento della maggiore età, ma al conseguimento da parte del medesimo di effettiva indipendenza e autonomia economica. Tra i fatti sopravvenuti maggiormente rilevanti, idonei a giustificare una richiesta di revisione delle condizioni di separazione e divorzio ci sono: emersione di nuovi oneri familiari (come la formazione di una nuova famiglia da parte del coniuge obbligato al versamento o la nascita di un nuovo figlio da altro compagno o compagna).

Nuove esigenze dei figli: la legge prevede che debbano essere valutate attraverso il criterio della rivalutazione. Queste spese infatti non sono limitate al semplice “mantenimento”, ma devono tenere conto della crescita e degli obiettivi esistenziali della prole.

La convivenza “di fatto” del coniuge beneficiario dell’assegno, la perdita del posto di lavoro o cessazione di attività imprenditoriale, la manifestazione di una malattia, il suo aggravarsi, il pensionamento sono tutte motivazioni che posso essere addotte per la richiesta di modifica delle condizioni di separazione.

Separazione giudiziale: domande e risposte

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Le cose da sapere sulla separazione giudiziale, ovvero quando i coniugi in disaccordo sui termini del divorzio si rivolgono al tribunale

Quando i coniugi non riescono a trovare un accordo circa le condizioni di separazione, è necessario intraprendere la strada della separazione giudiziale, sarà cioè un giudice a determinare le condizioni economiche della separazione.

L’avvio della causa può essere determinato dal ricorso scritto di anche uno solo dei due coniugi, nel quale deve essere necessariamente indicata l’esistenza di figli della coppia.

La competenza nella causa di separazione giudiziale è del Tribunale del luogo dove il coniuge che ha innescato il procedimento ha la residenza o il domicilio. Qualora quest’ultimo abbia la residenza all’estero o risulti irreperibile o latitante, la competenza è del Tribunale del luogo di residenza o domicilio del ricorrente. Nel caso in cui anche questo si trovi in un paese non italiano, di qualsiasi Tribunale della Repubblica.

Alla prima udienza di separazione giudiziale le parti sono tenute a comparire fisicamente in aula, con l’assistenza di un legale di fiducia al cospetto del Presidente del Tribunale. La mancata comparizione comporta conseguenze differenti a seconda che essa riguardi il coniuge ricorrente o quello convenuto: nel primo caso la richiesta non ha più effetto, cioè decade (così come se rinunciasse alla causa), nel secondo caso può essere stabilita una nuova data di udienza per la comparizione con rinnovo della notificazione all’altro coniuge del ricorso e del decreto.

All’udienza di comparizione, il giudice istruttore sente le parti prima separatamente, poi tutte e due insieme e tenta di farle tornare sui loro passi. Questo momento prende il nome di conciliazione.

Se questa fallisce con le stesse modalità previste per la separazione consensuale, egli valuta quindi l’opportunità di adottare provvedimenti necessari ed immediati a tutela del coniuge debole e dei figli, e nomina il giudice istruttore fissando una data per udienza di comparizione delle parti e trattazione davanti a quest’ultimo.

Dopo aver espletato questi passi il procedimento si svolge secondo le forme di qualsiasi rito ordinario.

Il provvedimento emesso a conclusione ha la forma di sentenza ed è immediatamente esecutiva.

È necessario evidenziare come il giudice abbia il potere di dichiarare la separazione immediatamente, già a seguito della prima udienza, seppur con sentenza non definitiva.

In questa maniera rimarranno da definire in un secondo momento solo gli aspetti dubbi e irrisolti della separazione giudiziale. Il fine principale di questa accelerazione procedurale è quello di permettere ai coniugi di chiedere il divorzio anche prima che la sentenza definitiva sia emanata.

Occorre precisare che la separazione giudiziale può essere trasformata in separazione consensuale anche una volta che il giudizio è avviato. Il procedimento inverso invece non può essere attuato.

 

La separazione consensuale dei coniugi: cosa fare

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Quando marito e moglie decidono di separarsi di comune accordo e fare la separazione consensuale

La separazione personale dei coniugi nella sua forma più semplice è detta separazione consensuale ed è un istituto di carattere temporaneo, sia sotto il profilo giuridico che sotto quello esistenziale visto che pur non essendoci divieti al mantenimento per un tempo indeterminato della condizione di separati il rapporto di solito sfocia nella riconciliazione tra le parti oppure nella constatazione dell’irreversibilità della crisi, con la possibilità di arrivare alla sentenza di divorzio.

Bisogna considerare che la separazione di fatto, benchè possa essere  considerata la forma più semplice per separarsi, potrebbe comportare  conseguenze tristi sul piano giuridico (si pensi al caso in cui per esempio un coniuge faccia mancare i mezzi di sostentamento all’altro coniuge oppure ai figli, tali da richiedere un’azione legale).

È quindi sempre opportuno che la coppia che opta per la strada di una separazione di fatto, lo faccia di comune accordo determinando anche la misura del sostegno economico che un coniuge deve dare all’altro anche per il mantenimento della prole.

La separazione consensuale è caratterizzata da un accordo  tra le parti che deve obbligatoriamente passare attraverso l’aula di tribunale.

Il procedimento inizia con un ricorso sottoscritto davanti a un avvocato nel quale le due parti stabiliscono i loro rapporti anche sotto il profilo economico.

I coniugi si accordano anche in merito al mantenimento all’affidamento dei figli, anche se il tribunale dovrà compiere un controllo sulla legittimità della separazione per verificare che il reciproco consenso che si sono date le due parti sia legittimo e non danneggi gli interessi dei figli minori.

Solo dopo che questo percorso è stato completato la separazione consensuale può dirsi perfezionata e definitiva.

Va sottolineato dunque che la separazione dei coniugi ha un carattere temporaneo. Solo il divorzio è in grado di sciogliere definitivamente l’unione sancita dal matrimonio, facendo venir meno lo status giuridico di coniuge.

Gli effetti che conseguono alla separazione ottenuta legalmente (che differisce da quella volgarmente definita “di fatto”) comportano solo la sospensione di molti obblighi inerenti ai rapporti personali tra i coniugi (in prima istanza quello di vivere sotto lo stesso tetto e di assistenza morale) e la modifica di alcuni degli obblighi di carattere patrimoniale (basti pensare all’eventuale versamento dell’ assegno di mantenimento o alimentare). Come a seguito di divorzio o di annullamento del matrimonio, restano invariati i doveri di mantenere, istruire ed educare i figli nati durante il matrimonio, tematica che deve essere sviscerata e approfondita davanti al legale dove è fatto obbligo recarsi per istruire tutte le pratiche che conducono alla separazione consensuale.